Castello della ZIsa

Il palazzo della Zisa

La costruzione della Zisa, dal termine arabo “al-aziz”, letteralmente “la splendente”, venne iniziata durante il regno di Guglielmo I e poi continuata da Guglielmo II tra il 1165 e il 1180.

Dimora estiva legata agli “otia” dei re normanni, venne trasformata nel XV secolo in un centro di attività agricola, accentuandone il carattere di fortificazione, ricavando dei merli dalla scritta epigrafica che la coronava.

In un’altra epigrafe posta all’interno era definito : “il più bel possesso del più splendido dei reami del mondo”.

Nel 1634 fu acquisito dalla famiglia dei Sandolal che l’adattarono a residenza aggiungendo balconi  uno stemma all’esterno , un grande scalone monumentale all’interno e modificando le coperture quali padiglioni e piramidi sulle torrette laterali.

Nel 1955 è stato acquisito dalla Regione Siciliana.

La Zisa è un unicum in tutto il Mediterraneo poiché dei similari palazzi nordafricani non è rimasto che qualche rudere.

Il giardino che circondava il palazzo e la peschiera, che conserva i resti di un padiglione composto da due stanze accessibile da un ponticello, propongono un insieme unitario che vuol far riferimento al paradiso coranico.

Sulla destra del palazzo vi sono i resti di un edificio termale di età romana o araba, riadattato nel XII secolo, che costituiva un complemento piacevole ai molli ozi regi.

All’interno del palazzo sviluppato in altezza e caratterizzato da un aspetto chiuso e bloccato, la continuità dell’involucro murario veniva animata dal gioco grafico delle arcate cieche nelle quali si inserivano originariamente bifore e monofore, dai tre fornici d’accesso e dai corpi sporgenti laterali. I tre piani sono sottolineati da sottili cornici.

Si vuole porre ora l’attenzione sulla “Sala della Fontana” di estrema bellezza, caratterizzata da una pianta cruciforme , rappresenta un “salsabil” cioè un ambiente nobile in cui la presenza di una fonte ricorda uno dei corsi d’acqua del paradiso coranico. Anticamente l’acqua sgorgava al di sotto di un’aquila musaicata, scivolava rifrangendosi negli zigzag di un lastra obliqua e scorreva in una canaletta inframmezzata da due vaschette quadrangolari che divideva in due l’ambiente, per poi confluire nella peschiera esterna.

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